Il nome “Skémata” deriva dal greco classico e significa letteralmente le “uniformi”, i “modelli”.

Gli skémata, in passato, erano insiemi di valori che delineavano identità e connotavano funzioni e modelli all’interno della società: il buon cittadino, il guerriero valoroso, la donna virtuosa. Per ciascuno di essi c’era una veste tipica (skéma, appunto) che li presentava visivamente prima ancora di un’eventuale conoscenza diretta.

La stessa cosa accade ancora oggi con le toghe nei tribunali: “la toga è un costume maestoso, che magnifica non tanto la persona, quanto la funzione e l’ordine sociale stesso che ha fornito l’investitura” (Francesco Carnelutti).

Con Skémata abbiamo voluto portare innovazione in un settore rimasto ancorato alle pratiche degli anni cinquanta, per restituire il piacere di indossare la toga. Grazie all’eccellenza tessile e manifatturiera italiana, il famoso “cencio nero” – per dirla con le parole di Piero Calamandrei – è stato reinterpretato in chiave moderna in un’ottica di rispetto ambientale e responsabilità sociale. Se la “divisa” è il sogno estetico e i valori che essa rappresenta sono il sogno sociale, Skémata rende oggi possibile combinare i due “sogni”.